Spotorno - Località di internamento

Spotorno (Savona) - Italia
Tipo di campo
Località d'internamento 16/07/1942
Fonte: AC00120

 

Storia

Il 16 luglio 1942 a Spotorno vengono internate 29 persone tutte provenienti dalla cosiddetta provincia del Carnaro (il nome assegnato al territorio jugoslavo annesso all'Italia nel 1942 con al centro la città di Rijeka, cioè Fiume).

 

I civili vengono alloggiati in alcuni locali di proprietà comunale già destinati ad accogliere dei prigionieri di guerra in realtà mai giunti (vedi AC00120).


Secondo alcune testimonianze raccolte dal Circolo culturale "Pontorno", i locali dove furono alloggiati gli internati croati si trovavano presso il Teatro San Filippo Neri (vedi foto), edificio demolito negli anni '60 del secolo scorso per fare spazio alla costruzione della nuova caserma dei Carabinieri.


Non disponiamo di un elenco nominativo completo dei 29 internati civili inviati a Spotorno. Sappiamo che tra loro ci sono Veronica Rosic e sua figlia Antonia Rejaz (o Reljac). Entrambe sono nate a Potkum (in realtà Podhum), Veronica nel 1909, Antonia nel maggio del 1935 (vedi AC00122). 

 

Sono state deportate in Italia perché "il marito della predetta [Veronica] Stefano Reljac, di anni 39, venne fucilato il 12 luglio 1942 durante le operazioni di rappresaglia effettuate dalle nostre truppe. La loro casa è stata distrutta." (vedi DPH01). 

 

L'episodio cui si riferisce il documento citato è quello noto come "strage di Podhum", dal nome della cittadina croata dove in seguito all'uccisione da parte dei partigiani jugoslavi dei coniugi Giovanni e Francesca Renzi - maestri elementari inviati nel villaggio anche con il compito di "italianizzare" i bambini croati - l'esercito italiano ordinò per rappresaglia la fucilazione di tutti i maschi adulti (si contano almeno 91 vittime), la deportazione dell'intera popolazione della zona (quasi 900 persone) e l'incendio e la distruzione di tutte le abitazioni (si veda, tra gli altri, Giacomo Scotti 2012).


Ad occuparsi dell'internamento in Italia della popolazione di Podhum e dei villaggi circostanti è la Direzione generale dei servizi di guerra presso il Ministero degli interni, che invia invia i “congiunti di ribelli” - dopo un breve passaggio nel campo di smistamento di Lovran (Laurana), cittadina nei pressi di Rijeka - in decine e decine di piccoli comuni del centro e nord Italia.

 

Si tratta comunque di una sistemazione solo provvisoria.


Infatti, alcuni mesi dopo, la stessa Direzione generale dei servizi di guerra, ultimata la costruzione del grande campo di internamento Le Fraschette di Alatri in provincia di Frosinone, ordina ai prefetti di inviare i “congiunti di ribelli” della provincia del Carnaro internati nei diversi comuni presso la nuova struttura di reclusione.


E' del 20 gennaio del 1943 il telegramma diretto alla prefettura di Savona con cui si stabilisce di far accompagnare al campo di concentramento Le Fraschette di Alatri tutti i "congiunti di ribelli mantenendo intatti i nuclei famigliari et escludendo quelli che abbiano trovato stabile occupazione" (vedi AC00249).


La risposta di Neos Dinale, prefetto di Savona, è immediata. Così scrive il 21 gennaio 1943: "Famiglie congiunti ribelli affluite questa provincia sono tutte occupate stabili lavori azienda agricola Spotorno per cui non vengono fatte accompagnare campo di concentramento Fraschette" (vedi AC01638).

 

Più precisamente, le famiglie internate a Spotorno hanno trovato lavoro presso l'azienda agricola del cavalier Giulio Sirito (vedi AC00120).


Sempre grazie alla ricerca che sta svolgendo il Circolo culturale "Pontorno" sappiamo che gli internati croati a Spotorno conducono una vita piuttosto appartata, dedita quasi esclusivamente al lavoro e con pochi contatti con la popolazione locale. Unica eccezione una giovane ragazza - ricordata con il nome di Gloria - che stringe amicizia con i giovani del paese e si fidanza con uno di loro. A testimonianza di questa storia rimane una fotografia del 1943 scattata durante una scampagnata e che ritrae Gloria (la quarta da sinistra in piedi) accanto al suo fidanzato e in compagnia degli altri amici (vedi FSP01).

 

Nel luglio del 1943, dopo un anno di internamento, Veronica Rosic si rivolge alla Questura di Savona per chiedere il permesso di rimpatriare assieme alla figlia "allo scopo di curare i propri interessi" (vedi AC00122).

Ma la risposta si farà attendere a lungo. 

 

Infatti, sappiamo che, come tutti gli altri "congiunti di ribelli" internati presso il Teatro San Filippo Neri, Veronica Rosic resterà a Spotorno anche dopo la caduta del fascismo, per tutti i 45 giorni del governo Badoglio, e ben oltre la nascita della Repubblica sociale italiana.

 

In calce a una lettera del 12 gennaio 1944 troviamo infatti le firme di dieci internati croati - tra cui quella di Veronica Rosic - che per conto proprio e dei rispettivi familiari chiedono al nuovo Capo della Provincia repubblicana di Savona di "essere avviati al loro paese di origine", così come è già stato concesso di fare ad altri internati che si trovavano nelle loro medesime condizioni (vedi AC00954).

 

Nel marzo del 1944 arriverà il parere positivo al rimpatrio da parte della Questura repubblicana di Fiume (vedi AC01558) e un mese dopo quello, probabilmente definitivo, firmato da Enrico Pareti in qualità di questore della provincia di Savona (vedi AC01559).

 

Manca tuttavia un documento che attesti l'effettiva partenza e il ritorno in Yugoslavia dei 29 abitanti di Podhum deportati in Italia e internati a Spotorno.


note

Nel dicembre del 1943, non lontano da Spotorno,  viene istituito dalla Repubblica sociale italiana un campo di concentramento per ebrei e famigliari di disertori. A questo scopo viene requisito l'Istituto marino L. Merello. Nonostante questo edificio ricadesse nel territorio del comune di Bergeggi, il campo di concentramento presso l'Istituto Merello è noto soprattutto come campo di concentramento di Spotorno. Anche in diversi documenti ufficiali si trova questa, da un punto di vista geografico, non corretta denominazione. 

In ogni caso, la storia dell'internamento dei congiunti dei ribelli croati a Spotorno non ha nulla a che vedere con quella del campo di concentramento.



 
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