Akaki Radio Station - Campo di concentramento |
Pianura di Akaki, 16 km a sud di Addis Abeba - Etiopia |
Tipo di campo |
Campo di concentramento
da febbraio 1937
Fonte: TMT1 TJG1 TIZ1 TIC1 |
Storia |
Un'area recintata all’interno del comando militare italiano di Akaki, presso la Stazione Radio di Etiopia, viene trasformato in campo di concentramento per internati etiopi sia militari sia civili. Vi sono reclusi anziani, donne e bambini
L’alimentazione consiste in gallette e acqua. Alcuni prigionieri possono ricevere cibo da casa.
Diverse donne etiopi vengono completamente spogliate e lasciate nude. Uomini e donne vengono bastonati. Lo sono anche le persone che dall'esterno portano il cibo agli internati del campo.
I carabinieri sottopongono a tortura alcuni alti capi militari (dejazmache) dell'esercito di Ras Desta, mettendo le loro teste in una sorta di morsa di pietra (cfr. TMT1, TJG1, TKB1, TIZ1).
Michel Tessema testimonia: “Ogni pomeriggio, verso le due, ammanettavano alcune persone e le portavano via con dei camion. Quando gli italiani tornavano gli chiedevamo dove avessero portato gli internati, e ci rispondevano: 'Li abbiamo ammazzati e voi siete i prossimi'. Durante i cinque giorni in cui sono stato internato in questo campo ho visto 27 persone portate via in questo modo." [Each afternoon at about two o'clock the Italians used to tie persons with handcuffs and take them away by trucks. When the Italians returned, we asked them where the prisoners were taken to, and they used to say boastfully: " We have killed them, and it will be your turn next." During my stay of five days there, I saw 27 persons taken like this.] (cfr.TMT1, TJG1).
Anche il giudice Kidan Blatta Haile Wolde è internato per quattro mesi nel campo di Akaki. “Nell'agosto 1937 mi hanno portato al campo della stazione radio. La terra era nera e paludosa, e dovevamo dormire in un acquitrino. Molti prigionieri morivano a causa di questo. In tutto 300 persone sono morte durante il mio internamento. Prima di essere trasferito ad Akaki ho visto come gli italiani hanno bastonato un uomo. Tutto il suo corpo era pieno di ferite. Lo torturavano stringendo un pezzo della sua carne ferita e dicevano: «Sai dove si trova Shaka Balihu! Dicci la verità!» Quando videro che non confessava, lo ammazzarono”.
[“In the same year in the month of Nahase we were brought to Addis Ababa and put in the former wireless station. This place was marshy black soil and we used to sleep on the swamp. Many prisoners died from this cause. Three hundred persons died while I was there. While I was still in this prison at the end of Nahase I saw a man whom I did not know hefore thrashed by the Italians, and his bodv was covered with wounds. They used to torture him, bv pinching a piece of his flesh from the wound and they said to him: " You know where Shaka Balihu is, so tell us the truth." When they could not get anything out of him in the end they murdered him”.] (cfr. TKB1)
Il 21 febbraio 1937, Imru Zelleke, viene internato ad Akaki con tutta la sua famiglia. Nel campo incontra anche il fratellastro, il ventiduenne Mesfin Zelleke. Imru Zelleke descrive così la situazione nel campo: “Centinaia di prigionieri furono portati lì da tutta l'Etiopia. Molti di loro erano persone di campagna e semplici contadini. Non sapevano cosa stesse accadendo e perché fossero lì. Il campo era una sorta di centro di smistamento dove i prigionieri venivano selezionati per essere successivamente inviati in altre prigioni e campi di concentramento. Eravamo stipati in grandi tende militari, senza servizi, e dormivano per terra senza coperte. Niente di strano successe in quel campo, tranne un incidente: una sentinella italiana colpì a morte con la baionetta una donna incinta. La donna e suo marito erano contadini, una coppia mai uscita dal loro villaggio, perciò non capivano il motivo della loro detenzione. La donna, che voleva andarsene, si diresse verso il cancello del campo per chiedere informazioni, ma poiché era molto buio, quando la sentinella vide questa grossa donna avvicinarsi, si spaventò tanto che la infilzò con la propria baionetta. Suo marito, un certo Wolde-Gabriel, perse il lume della ragione e divenne di colpo molto violento. Fu incatenato e spedito a Danane, dove, sempre incatenato, urlando e sbraitando per tutto il campo, morì dopo pochi mesi. Ci tennero nel campo di Akaki per circa una settimana. All'inizio del marzo del 1937, iniziarono a mandare i detenuti verso varie destinazioni. Alcuni gruppi furono portati in Italia, un piccolo numero di intellettuali fu mandato a Nocra, nelle isole Dahlak, la prigione peggiore di tutte. Il grosso dei prigionieri di Akaki fu mandato al campo di concentramento dì Danane in Somalia, noi eravamo in quest'ultimo gruppo.“ (cfr.TIZ1)
Imru Zelleke è internato di nuovo nel campo di Akaki nell'autunno del 1938.
“Ritornammo al campo di Akaki, dal quale siamo partiti, dopo un altro viaggio feroce attraverso l’Ogaden. Dopo un paio di giorni arrivarono Enrico Cerulli, l’allora vicegovernatore, accompagnato da Ras Hailu Tekle Haymanot e dal professore (Negadras) Afework. Ci dissero che grazie alla clemenza del Re, del Duce e di tutti gli altri del firmamento fascista, saremmo stati perdonati per i nostri crimini e rilasciati” (TIZ1). |
Risorse |
Testimonianze |
Tessema Michael |
Testimone diretto |
Gabrie Leul Jacob |
Testimone diretto |
Blatta Haile Wolde Kidan |
Testimone diretto |
Campbell Ian |
Esperto/storico |
Zelleke Imru |
Testimone diretto |
Zelleke Imru |
Testimone diretto |
Bibliografia |
Disposizioni |
Links |