Asinara - Carcere - Colonia penale

Asinara (Sassari) - Italia
Tipo di campo
Carcere

 

Storia
Tra il giugno del 1942 e il dicembre del 1943, alla Colonia penale agricola dell’Asinara furono reclusi 95 detenuti politici montenegrini.

I primi ad arrivare furono, il 17 giugno, 11 civili provenienti per trasferimento dal carcere di Volterra. A questi seguirono, fino alla fine di luglio del 1942, altri arrivi dalle carceri di Alessandria, Ancona, Napoli e Procida.

Prima di essere deportati nelle carceri italiane, i montenegrini trasferiti all’Asinara erano stati processati dal Tribunale militare di guerra di Cettigne (Montenegro) per reati che andavano dal “porto abusivo di armi” fino all’“attentato contro le forze armate italiane”.


Ad esempio, Radovan Vukadinović, trasferito all’Asinara dal carcere di Alessandria nel luglio del 1942, era stato condannato alla pena di 2 anni di reclusione per “essere stato sorpreso il 20 ottobre 1941 nei pressi di Markevina (Montenegro) a condurre un asino sul quale erano caricati un sacco a pelo jugoslavo, un cappotto, una divisa militare jugoslava, un telo da tenda, due borracce piene di vino, tegami da cucina, un fucile Mauser in ottime condizioni d’uso, un nastro munizioni con 39 cartucce”.

In generale i reati, e quindi le condanne dei 95 partigiani montenegrini detenuti all’Asinara, erano relativamente lievi. Oltre la metà doveva scontare condanne inferiori ai 10 anni, mentre solo uno di loro, Vaso Bjelica, era stato condannato a 20 anni di carcere per “Concorso in attentato alle forze armate italiane”.

Purtroppo disponiamo di pochissime informazioni sulle condizioni di lavoro e detenzione dei montenegrini presso la Colonia penale agricola dell’Asinara. Non sappiamo, ad esempio, in quale luogo e in quali edifici dell’isola furono destinati e a quali mansioni vennero adibiti
Le poche scarne informazioni ci arrivano dalle note contenute nel registro del carcere. Sappiamo che il mestiere dichiarato da tutti i 95 detenuti è quello di “contadino” (e forse questo, oltre alle condanne relativamente lievi, è stato uno dei criteri per selezionare i montenegrini da inviare all’Asinara). Sappiamo anche che i detenuti che dimostravano scarso rendimento sul lavoro venivano ammoniti mentre coloro i quali si rifiutavano di recarsi al lavoro erano condannati a 5 giorni di cella di isolamento.

Altre informazioni riguardano lo stato di salute dei detenuti montenegrini. Marko Đakonovic, nato nel 1921, deportato all’Asinara il 27 luglio 1942, 3 mesi dopo viene trasferito alla Sezione internati del sanatorio (di lui non abbiamo altre successive informazioni). Due sono invece i deceduti durante la detenzione: Milonja Obradović, nato nel 1886, muore nell’infermeria del carcere per setticemia il 4 marzo 1943, mentre Marko Marović, anche lui classe 1886, muore il 24 marzo 1943 per paralisi cardiaca.

L’8 giugno 1943, dopo un anno di permanenza all’Asinara, 45 detenuti montenegrini vengono trasferiti in un altro luogo di prigionia e lavoro: la colonia penale di Mamone in provincia di Nuoro.

Per i 44 montenegrini (tre di loro, nel frattempo, erano stati liberati per fine pena) rimasti all’Asinara, la resa incondizionata dell’Italia l’8 settembre 1943 sembra non cambiare nulla. Probabilmente le loro richieste di essere liberati dopo l’armistizio vengono ignorate dalle autorità italiane. Devono passare altri due mesi prima che due di loro - Dusan Dragović e Trifun Zečević – vengano convocati a Sassari per conferire con la Allied Control Commission (Commissione alleata anglo-americana) che già da settembre si è insediata in Sardegna. 10 giorni dopo Dragović, Zečević e altri 17 loro compagni montenegrini lasceranno l’Asinara per passare in consegna alla Allied Control Commission, Region VI Sardinia e tornare in libertà. Gli ultimi 25 montenegrini rimasti all’Asinara dovranno aspettare ancora qualche settimana, il 23 dicembre 1943, prima di poter abbandonare la colonia penale.

Dai documenti alleati risulta che i montenegrini liberati saranno temporaneamente ospitati presso un edificio scolastico di Sassari, precisamente in via Santa Caterina 5.



Andrea Giuseppini (2024)

 
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