Longobucco - Località di confino

Longobucco (Cosenza) - Italia
Tipo di campo
Località di confino 1930 - settembre 1943
Fonte: TYB1 GUA1

 

Storia

Longobucco è una località di confino dove vige un severo regime di isolamento e vigilanza. E' un luogo ritenuto particolarmente adatto per la sua ubicazione geografica. Infatti, è circondato da alte montagne. Da novembre a maggio c’è la neve e in quel periodo gli abitanti del posto scendono a valle e si trasferiscono in un altro villaggio.  I confinati invece sono costretti a rimanere per tutto l'anno a Longobucco, soffrendo così terribilmente il freddo (Cfr. THA1).

 

Nel 1930 si trovano al confino a Longobucco alcuni notabili libici senussiti di rango elevato (Cfr. OTT1, p. 194).

 

Nel luglio del 1937 vengono inviati a Longobucco 28 prigionieri etiopi ritenuti particolarmente pericolosi. Altri 7 deportati etiopi vengono trasferiti dal confino dell'Asinara a Longobucco nei mesi successivi (Cfr. SBA1, TYB1). 

 

Gran parte dei confinati etiopi di Longobucco appartiene alla classe dirigente del proprio paese. Tra loro si trovano infatti direttori generali dei ministeri, vice governatori, eccetera. Contrariamente a quanto accade in altre località di confino in Italia, a Longobucco non permesso agli etiopi farsi raggiungere dai propri famigliari. Inoltre è vietata la corrispondenza e qualsiasi forma di contatto con la popolazione locale. A partire dal giugno del 1938 vengono vietate anche le uscite all'esterno.

Gli internati hanno però diritto alla lavatura e stiratura degli indumenti e alla preparazione personale dei pasti. I reclusi etiopi possono quindi uscire dai loro alloggi soltanto per preparare o consumare i pasti, sempre però accompagnati dalle guardie. 

  

L'8 agosto del 1939, Mons. Gaudenzio Barlassina visita la località di confino e, in un rapporto inviato al Ministero dell'Africa Italiana, descrive così le condizioni abitative e di vita dei confinati etiopi: “I loro ambienti sono veramente locali abbastanza angusti, oscuri e poco arieggiati. I custodi fanno notare che per condotta nessuno ha dato motivo a questo provvedimento più severo. Il Signor Podestà fa inoltre osservare che questa restrizione è dannosa al fisico di tutti. Specialmente per i locali ristretti.” (FER4, p. 216 e s.)

 

Nonostante il divieto, si ha notizia di contatti tra i confinati e la popolazione del luogo. Ad esempio, nel febbraio del 1939 nasce un figlio dal rapporto clandestino tra il confinato degiac Mangascià e una donna di Longobucco. Proprio per questo motivo il degiac Mangascià, ex ambasciatore etiopico a Roma, viene trasferito nel comune di Bocchigliero

 

Almeno un etiope muore durante il periodo di confino a Longobucco. Si tratta di Negadras Wedajo Ali.

 

A partire dal 1939, il regime fascista mette in atto una serie di rimpatri per i confinati etiopi deportati in Italia. Da questi piani restano però esclusi quasi tutti i confinati di Longobucco. Anzi, proprio a partire da quella data, altri prigionieri etiopi vengono trasferiti nel piccolo paese. In questo senso, Longobucco diventa la località in cui vengono concentrati molti dei confinati non rimpatriati in Etiopia (Cfr. TYB1).

 

I confinati etiopi di Longobucco devono così attendere per la loro liberazione l'arrivo delle truppe alleate nel settembre del 1943.  Haddis Alemayehou ricorda così quel giorno: “Siamo finalmente liberi, dopo sette anni di confino, dopo sette anni di insulti e umiliazioni, dopo sette anni di sofferenze fisiche e psichiche” (THA1).

 

Anche uno dei prigionieri etiopi più noti, il Ras Immirù Haile Selassie trascorre un periodo di confino a Longobucco, esattamente dal novembre del 1942 all'agosto del 1943.

Ras Immirù Haile Selassie giunge a Longobucco, accompagnato dal suo domestico Ato Addis Alemaiew, entrambi provenienti dal confino sull'isola di Ponza A Immirù e Alemaiew - rinchiusi in una sorta di cella senza la possibilità di poter uscire - è vietato anche qualsiasi contatto con i connazionali. (Cfr. GUA1, pp. 183-195; FER2, p. 83-92; (FER4: pp. 205-219; DOM1, pp. 162-165).


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