Spotorno - Località di internamento |
Spotorno (Savona) - Italia |
Tipo di campo |
Località d'internamento
16/07/1942
Fonte: AC00120 |
Storia |
Il 16 luglio 1942 a Spotorno vengono internate 29 persone tutte provenienti dalla cosiddetta provincia del Carnaro (il nome assegnato al territorio jugoslavo annesso all'Italia nel 1942 con al centro la città di Rijeka, cioè Fiume).
I civili vengono alloggiati in alcuni locali di proprietà comunale già destinati ad accogliere dei prigionieri di guerra in realtà mai giunti (vedi AC00120).
Sono state deportate in Italia perché "il marito della predetta [Veronica] Stefano Reljac, di anni 39, venne fucilato il 12 luglio 1942 durante le operazioni di rappresaglia effettuate dalle nostre truppe. La loro casa è stata distrutta." (vedi DPH01).
L'episodio cui si riferisce il documento citato è quello noto come "strage di Podhum", dal nome della cittadina croata dove in seguito all'uccisione da parte dei partigiani jugoslavi dei coniugi Giovanni e Francesca Renzi - maestri elementari inviati nel villaggio anche con il compito di "italianizzare" i bambini croati - l'esercito italiano ordinò per rappresaglia la fucilazione di tutti i maschi adulti (si contano almeno 91 vittime), la deportazione dell'intera popolazione della zona (quasi 900 persone) e l'incendio e la distruzione di tutte le abitazioni (si veda, tra gli altri, Giacomo Scotti 2012).
Si tratta comunque di una sistemazione solo provvisoria.
Più precisamente, le famiglie internate a Spotorno hanno trovato lavoro presso l'azienda agricola del cavalier Giulio Sirito (vedi AC00120).
Nel luglio del 1943, dopo un anno di internamento, Veronica Rosic si rivolge alla Questura di Savona per chiedere il permesso di rimpatriare assieme alla figlia "allo scopo di curare i propri interessi" (vedi AC00122). Ma la risposta si farà attendere a lungo.
Infatti, sappiamo che, come tutti gli altri "congiunti di ribelli" internati presso il Teatro San Filippo Neri, Veronica Rosic resterà a Spotorno anche dopo la caduta del fascismo, per tutti i 45 giorni del governo Badoglio, e ben oltre la nascita della Repubblica sociale italiana.
In calce a una lettera del 12 gennaio 1944 troviamo infatti le firme di dieci internati croati - tra cui quella di Veronica Rosic - che per conto proprio e dei rispettivi familiari chiedono al nuovo Capo della Provincia repubblicana di Savona di "essere avviati al loro paese di origine", così come è già stato concesso di fare ad altri internati che si trovavano nelle loro medesime condizioni (vedi AC00954).
Nel marzo del 1944 arriverà il parere positivo al rimpatrio da parte della Questura repubblicana di Fiume (vedi AC01558) e un mese dopo quello, probabilmente definitivo, firmato da Enrico Pareti in qualità di questore della provincia di Savona (vedi AC01559).
Manca tuttavia un documento che attesti l'effettiva partenza e il ritorno in Yugoslavia dei 29 abitanti di Podhum deportati in Italia e internati a Spotorno. |
note |
Nel dicembre del 1943, non lontano da Spotorno, viene istituito dalla Repubblica sociale italiana un campo di concentramento per ebrei e famigliari di disertori. A questo scopo viene requisito l'Istituto marino L. Merello. Nonostante questo edificio ricadesse nel territorio del comune di Bergeggi, il campo di concentramento presso l'Istituto Merello è noto soprattutto come campo di concentramento di Spotorno. Anche in diversi documenti ufficiali si trova questa, da un punto di vista geografico, non corretta denominazione. In ogni caso, la storia dell'internamento dei congiunti dei ribelli croati a Spotorno non ha nulla a che vedere con quella del campo di concentramento. |
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