Buccari - Campo di concentramento |
Bakar - Croazia |
Tipo di campo |
Campo di concentramento
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Storia |
[scheda a cura di Andrea Giuseppini]
Bakar (Buccari in italiano) è una piccola cittadina nelle immediate vicinanza di Rijeka. Nel 1941, dopo l'invasione e la spartizione della Yugoslavia, Bakar entra a far parte della provincia di Fiume (o provincia del Carnaro), diventando quindi a tutti gli effetti territorio italiano.
A Bakar è un funzione dal marzo 1942 un campo di concentramento per civili gestito dalle autorità militari (AC02077).
Nel 1943 il campo ha una capienza di 1.150 posti in baracche (DKR14) e, nella amena descrizione che ne fa il colonnello Giuseppe Zappino riportando le impressioni sul campo del prefetto di Ogulin in visita agli internati del suo distretto, dispone di una infermeria, di cucine, di una chiesetta e di un bagno (DBU12).
Dai documenti fino ad ora rintracciati, il numero più alto di internati viene raggiunto il 30 aprile del 1943, quando nel campo vi sono 893 civili così suddivisi: 774 a scopo repressivo, 119 a scopo protettivo1. Del totale, 729 sono cattolici e i rimanenti 164 ortodossi. Riguardo al genere e all'età, 471 sono uomini, 364 donne e 33 i bambini (DVA38).
Gli internati sembrano prevenire dalle diverse zone sottoposte a operazioni militari e di rastrellamento da parte dei diversi battaglioni del V Corpo d'Armata (vedi ad esempio DBU21; DBU26; DBU31).
Il campo di concentramento di Bakar viene utilizzato anche come luogo di transito per internati diretti in altri campi (DBU10).
Gli internati di Buccari sono anche oggetto di trattativa nello scambio di prigionieri tra i partigiani jugoslavi e i militari italiani (vedi DVA31; DVA33; DVA32; DVA30). Documenti che forniscono informazioni interessanti riguardo alle singole storie degli internati.
Non si conosce molto riguardo le condizioni di vita degli internati a Bakar. In una lettera, un gruppo di internati ringraziano gli amministratori del comune di Ledenice - luogo da cui gli internati provengono - per l'invio di pane e zucchero. Il che lascia supporre come anche a Buccari il problema del cibo sia quello principale (DBU07 e DBU09).
E' invece documentata un'epidemia di tifo esantematico nel campo durante la primavera del 1943 (DBU17), di cui però non si conoscono gli esiti finali.
Il 20 aprile del 1943 viene ordinato il trasferimento di tutti gli internati del campo di Buccari. I 107 internati 'protettivi' devono essere trasportati al campo di concentramento di Monigo, i 735 repressivi a Gonars (DBU01).
Ordine di trasferimento che nello stesso periodo riguarda anche diversi altri campi delle zone annesse o occupate sotto il controllo della II Armata (DVA08).
Ma i casi di tifo tra gli internati e la necessità di predisporre una adeguata quarantena, fa sì che il loro trasferimento avvenga diversi mesi più tardi (DBU02 e DBU17).
Alla fine di maggio (1943) gli internati di Buccari sono ancora 819, mentre un mese dopo (ultimo dato disponibile) sono 255 (vedi DVA40).
Non abbiamo fino ad ora trovato una conferma dell'effettivo trasferimento a Gonars e Monigo di tutti gli internati di Buccari. Molti di loro sembrano essere presenti nel mese di luglio del 1943 al campo di concentramento Caserma Diaz di Fiume (vedi DDI07; DBU27; DBU20). Molto probabilmente una tappa prima di essere trasportati definitivamente nei campi dislocati in Italia.
Secondo un abitante di Bakar, all'epoca bambino che frequentava la scuola italiana di Buccari (testimonianza che dobbiamo ancora pubblicare), il campo era collocato in una zona immediatamente adiacente al centro della piccola cittadina. Le baracche, una ventina, erano recintate da filo spinato. Il campo si affacciava direttamente sul mare. Agli abitanti di Bakar era proibito avvicinarsi al campo e utilizzare il tratto di mare antistante il campi. Oggi il luogo è un deposito a cielo aperto di legname (vedi FBA01 FBA03). Il comando del campo e la caserma dei carabinieri si trovano invece in un edificio nel centro del paese, sede della scuola marittima di Bakar (vedi FBA04). Sempre secondo il testimone, la zona alla fine del campo, dove inizia di nuovo la collina, fu utilizzata come cimitero per seppellire i morti del campo (numero sul cui numero non ci sono informazioni).
----------- 1 Per il significato di 'internamento a scopo protettivo' vedi Capogreco, 2004, p. 72 e ss.; e Kersevan, 2008, p. 134 e ss.) La definizione di internamento protettivo del generale Mario Roatta si trova nella circolare 3 C L del maggio 1943 (pagina 400). |
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La nostra ricerca su questo campo di concentramento è ancora in corso Se hai informazioni, documenti, immagini o testimonianze riguardo questo campo puoi scrivere a info@campifascisti.it |
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