Venezia - Carcere femminile Santa Eufemia - Isola della Giudecca

Venezia (Venezia) - Italia
Tipo di campo
Carcere dai primi mesi del 1942 all'autunno del 1943
Fonte: DVZ01

 

Storia

A partire dai primi mesi del 1942 e fino al 23 aprile del 1943, nel carcere femminile di Santa Eufemia sull'isola della Giudecca a Venezia, sono incarcerate circa 300 donne jugoslave e alcune prigionieri politiche greche. Questo è quello che si apprende da due memoriali scritti nel dopoguerra, il primo anonimo e senza data, il secondo, più lungo e dettagliato scritto nel 1964 da Cita Lovrenčič, una ex detenuta.

 

Nel carcere della Giudecca, le detenute, condannate a varie pene detentive dai tribunali di guerra sono sottoposte alla vigilanza delle suore. Cita Lovrenčič ricorda il disprezzo con cui vengono trattate le detenute, la scarsità di cibo,  e le celle di punizione in cui vengono costrette dalla direzione del carcere per diverse atti contrari all'ordine carcerario:  il rifiuto di svolgere lavori manuali per l'esercito italiano, di partecipare alle funzioni religiose, e di ottenere la posizione legale riconosciuta di detenute politiche.

 

In questi casi, le detenute finiscono nelle celle di punizione, o, in mancanza di posto, anche nella prigione del tribunale sull'isola di Santa Maria Maggiore (?). Nei casi ritenuti più gravi la punizione è la cella di isolamento, talvolta anche per due mesi consecutivi.

 

Il penitenziario è diviso in tre sezioni: per le donne più anziane; per le donne coniugate e giovani; per le minorenni.

 

Nonostante il duro regime carcerario cui sono sottoposte, le detenute riescono ad organizzare anche all'interno del carcere l'attività politica (nel mese di luglio 1942 arrivano nel carcere della Giudecca anche Vida Tomšič e Pepca Kardelj. Altre detenute politiche jugoslave del carcere di Venezia ricordate da Lovrenčič sono: Dana Žagar e Erna Musar).

 

Le detenute più attive, a partire dalla metà di aprile 1943, vengono trasferite in piccoli gruppi in altre carceri italiane. Nel memoriale Lovrenčič parla del carcere di Ancona, di Trani e di Perugia.

 

Le detenute che non vengono trasferite, rimangono nel carcere femminile di Venezia fino all'autunno del 1943, quando, grazie all'intervento della Croce Rossa, vengono rimpatriate.

 

Nel saggio di Vlasta Beltram (2008) sul carcere di Capodistria sono riportare due brevi testimonianze di detenute politiche slovene transitate, alla fine di settembre 1943 (quindi dopo l'armistizio), per il carcere di Venezia.

 

Roza Gombač – Špela, nata a Trieste nel 1915, arrestata nella primavera del 1943 a Zagabria in quanto membro dell'Osvobodilna fronta (OF) (Fronte di liberazione sloveno). Detenuta nelle carceri di Polizia di Lubiana viene condannata dal Tribunale di guerra di Lubiana a 10 anni di carcere e tradotta il 4 settembre 1943 nel carcere di Capodistria.

 

Stessa sorte tocca ad Alina Ćiković Smolčić, catturata assieme ad un numeroso gruppo di altri giovani a Sušak (Rijeka) il 7 maggio 1943 e condannata dal Tribunale di guerra di Fiume ad un anno di detenzione.

 

Entrambe si trovano nel carcere di Capodistria l'8 settembre del 1943, data dell'armistizio. Secondo la ricostruzione di Vlasta Beltram (2008), le detenute non ancora liberate, il 15 settembre 1943 vengono trasferite dal comando tedesco nella sezione maschile del carcere e due giorni dopo avviate alle carceri di Venezia e di altre città italiane.

 

Roza Gombač – Špela e Alina Ćiković Smolčić raccontano di essere partire assieme a un centinaio di detenute dal carcere di Capodistria dirette a quello di Trieste il 17 settembre 1943, e cinque giorni più tardi di essere giunte al carcere femminile della Giudecca a Venezia. Circa un mese dopo, tra il 19 e il 20 ottobre 1943, il gruppo di detenute politiche viene di nuovo spostato e diviso: una parte al carcere di Firenze e l'altra a quello di Perugia.

 

Il 18 gennaio 1943 viene trasferita dal carcere di Venezia a quello di Fossombrone, Giuseppa Koroscec, condannata dal Tribunale militare di guerra della II Armata alla pena di 12 anni di reclusione per aver fatto parte del 'movimento comunista di Moste' (vedi AC01603).


note

La nostra ricerca sulle carceri durante il regime fascista è ancora in corso.


 
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