Fertilia - Campo di concentramento

Fertilia (Sassari) - Italia
Tipo di campo
Campo di concentramento dal 26 gennaio 1943 al 26 luglio 1943
Fonte: ESC01 ESC02

 

Storia

[scheda a cura di Andrea Giuseppini]

 

Grazie a un accordo con la Direzione Generale dei Servizi di Guerra, alla fine del 1942, l'Ente Sardo di Colonizzazione (E.S.C.), la struttura pubblica incaricata di bonificare e colonizzare un vasto territorio nei pressi di Alghero chiamato la Nurra, ottiene l'assegnazione di circa 300 internati civili, già detenuti nel campo di concentramento di Molat, da utilizzare come manodopera (ESC05 e ESC04).

 

Gli internati civili - definiti anche, in alcuni documenti, internati politici - arrivano a Fertilia in due diversi scaglioni. Il primo, composto da 75 persone, il 26 gennaio 1943 (ESC07), e il secondo, di 198 persone, quasi due mesi dopo, esattamente il 23 marzo (ESC08). Infine, due persone che durante il viaggio da Molat ad Alghero vengono ricoverate all'Ospedale di Trieste, giungono a destinazione verso la fine di aprile del 1943 (ESC09).

 

Dunque gli internati a Fertilia risultano essere 275. La ragione per cui i documenti ufficiali parlano invece di 274 persone è quasi sicuramente che, tre giorni dopo l'arrivo del secondo scaglione, l'ufficiale sanitario del comune di Alghero ordina il ricovero presso l'Ospedale psichiatrico di Sassari di una persona ritenuta "affetta da alienazione mentale e pericolosa a sé e agli altri"1 (DOP05). 

 

Nonostante gli internati siano stati tutti dichiarati abili al lavoro dal Prefetto di Zara, in realtà la permanenza nel campo di concentramento di Molat - uno dei campi fascisti più pesanti per scarsità di cibo, condizioni igieniche e misure repressive - ha certamente lasciato il segno sulla loro salute fisica e psichica. In un documento datato 14 aprile 1943, l'ufficiale sanitario del comune di Alghero, il dottor Antonio Silanos, propone l'allontanamento dal campo di Fertilia di ben 36 internati affetti da diverse serie patologie, tra le quali "gravissimo deperimento organico", "pleurite" o altre malattie dell'apparato respiratorio. (ESC18). In realtà, nessun internato sarà mai trasferito altrove dal campo.



Degna di nota è anche la grave disorganizzazione nella gestione del campo. Fin dall'arrivo del primo scaglione, l'agronomo Giulio Tallachini , direttore della sezione di Alghero dell'E.S.C. e in quanto tale responsabile dell'organizzazione del campo, segnala al presidente e “padre e padrone” dell'Ente, Mario Ascione, la propria incapacità di rispondere alle esigenze più elementari degli internati arrivati. Tra le altre cose, mancano "le fodere da pagliericcio, gamelle [...] e cucchiai senza dei quali gli internati non potranno mangiare". Nonostante l'estremo bisogno di manodopera, le carenze sono tali da spingere Talacchini a proporre o di ritardare l'arrivo del resto degli internati o di limitarne il numero a cento anziché duecento (ESC19).

 

A queste gravi carenze ne va aggiunta un'altra cui l'E.S.C. non porrà mai rimedio nonostante il farlo rientrasse tra i suoi compiti. Da una lettera del 18 marzo veniamo a sapere che il primo gruppo di internati arrivati a Fertilia è in "condizioni deplorevolissime di vestiario" (ESC20). Quasi due mesi dopo, Tallachini fa nuovamente presente alla presidenza dell'Ente “la assoluta necessità di provvedere a fornire di indumenti e calzature gli internati civili. Alcuni sono ridotti con la sola camicia e mutande e non possono pertanto lavorare" (ESC21). Trascorrono altri due mesi e nell'imminenza, come si vedrà tra poco, del trasferimento degli internati sul continente, l'Ufficio Prigionieri di Guerra del Comando Forze Armate della Sardegna intima all'E.S.C. di procurare agli internati "il vestiario e la biancheria di cui abbisognano poiché non è umano né decoroso che raggiungano la nuova destinazione nelle attuali, deplorevoli condizioni, tali da destare penosissima impressione; essi sono ignudi, scalzi, taluni con una semplice mutandina ricavata dalle fodere dei pagliericci" (ESC22). Alla fine, nonostante l'ordine del Comando forze armate della Sardegna, sarà la stessa Amministrazione militare a consegnare abiti usati agli internati. Questo accadrà soltanto il giorno della partenza di questi ultimi da Fertilia (ESC11).

 

L'Ente Sardo di Colonizzazione sarà richiamato dalle autorità al rispetto delle norme anche in merito all'alimentazione da assicurare agli internati. Come tutti i lavoratori impiegati in mansioni pesanti, gli internati civili di Fertilia avrebbero diritto, in base a quanto stabilito dall'Ufficio prigionieri di guerra, a una razione di pane giornaliera di 400 grammi. Come si può leggere in una nota (ESC23), l'Ente ne assegna invece soltanto 300 ciascuno. Sarà la Sezione provinciale dell'alimentazione di Sassari a ricordare all'E.S.C. che "agli internati civili deve essere fatto lo stesso trattamento della popolazione civile" (ESC24).

 

Gli internati di Fertilia sono impiegati fin dal loro arrivo in lavori agricoli (ESC25) e nella costruzione di strade (ESC26) ed edifici (ESC27). L'E.S.C. redige liste quindicinali annotando per ciascun internato il tipo di mansione svolta e le ore di lavoro. In calce a queste liste compare la notazione dell'avvenuta corresponsione del salario firmata da un incaricato dell'Ente e dal Comandante del Nucleo dei Carabinieri del campo (ESC28).

 

Come è noto, durante il secondo conflitto mondiale, gli internati civili, a differenza dei prigionieri di guerra, non sono tutelati da nessuna convenzione internazionale. Tuttavia, il 15 gennaio 1943 il Ministero della Guerra emana una circolare che equipara il trattamento degli internati civili a quello dei prigionieri di guerra, protetti dalle Convenzioni di Ginevra, per quel che concerne il loro utilizzo come mano d'opera da parte di aziende private (P012). In particolare, all'articolo 4 essa stabilisce che i datori di lavoro corrispondano “ai prigionieri di guerra ed agli internati messi a loro disposizione, le stesse remunerazioni stabilite per i lavoratori civili, a norma dei locali contratti collettivi di lavoro”.

 

Tuttavia questo non significa che agli internati civili venga corrisposto lo stesso salario di un lavoratore agricolo. Gli articoli 16 e 17 prevedono infatti che essi ne ricevano soltanto una minima parte, compresa tra 4,5 e 10 lire al giorno a seconda della mansione svolta, e che il resto, in genere di 6 volte tanto, sia versato dalle aziende al Ministero della guerra.

 

Che almeno alcuni degli internati civili di Fertilia percepiscano somme di circa 5 lire al giorno lo attestano diversi documenti dello stesso Ente, nei quali sono riportate le mansioni da essi svolte, le ore di lavoro fatte e le retribuzioni percepite (ESC25). Tuttavia, come ricorda il suo presidente Mario Ascione, al pari di tutti i datori di lavoro, anche l'E.S.C. è autorizzato a trattenere una parte del misero salario in principio destinato agli internati come rimborso per le spese di vitto e alloggio sostenute (ESC29).



La vigilanza nel campo di Fertilia e l'accompagnamento degli internati ai luoghi di lavoro è affidata a un piccolo contingente di carabinieri. Vale altrettanto per il rispetto dell'obbligo al lavoro. Che il controllo fosse rigido lo testimonia per esempio la lettera dell'internato Emilio Juraga indirizzata al direttore Giulio Tallachini, ritrovata negli archivi dell'Ente Sardo di Colonizzazione: "il sig. maresciallo fa con me delle cose che non dovrebbe fare. Perciò nomina i ferri, senza mangiare, e così via. E poi tutto questo succedeva per tale scopo che non volevo andare in campagna. Da quando sono venuto qui cioè 4 mesi, ogni giorno ho lavorato, e quando hanno cominciato le giornate calde non ho potuto andare fuori perché il sole mi fa male alla testa [...] Signor Direttore [...] avvertite il sig. Maresciallo che lascia quelle o queste brutte cose con me, che pure si riferiscono agli altri internati" (ESC31).

 

Altre importanti informazioni sul campo di concentramento di Fertilia ci vengono dalla testimonianza di uno degli internati (per l'intervista integrale, del 2012, vedi Josip Bašić). Josip (detto Bepo) Bašić ha 16 anni quando - assieme a tutta la sua famiglia - viene internato nel campo di concentramento di Molat. Arriva a Fertilia, questa volta da solo, con il secondo gruppo di internati il 23 marzo del 1943.

 


Bašić ricorda che il campo era formato da tre baracche di sassi con finestre chiuse da inferriate. Una quarta baracca serviva da alloggio per i carabinieri responsabili della vigilanza. Il campo era recintato da filo spinato e sorvegliato da una torretta di guardia. Gli internati dormivano in letti a castello a due posti.



Il lavoro per il quale Bašić viene impiegato più a lungo è la costruzione di una strada. La giornata lavorativa aveva inizio la mattina e si protraeva fino alle quattro, cinque del pomeriggio. La domenica era giorno di riposo. I pochi soldi che gli internati ricevevano per paga venivano utilizzati per integrare con acquisti personali lo scarso cibo distribuito senza tuttavia riuscire con questo a placare la fame.



Nel suo racconto Bašić ricorda inoltre i frequenti bombardamenti degli alleati sul vicino aeroporto di Fertilia, nonché la brutalità di uno dei carabinieri, che usava una frusta per farsi ubbidire.

 

Alla fine del mese di luglio del 1943, soltanto sei mesi dopo la sua apertura, il campo di Fertilia viene chiuso e gli internati trasferiti, probabilmente a causa dello sbarco alleato in Sicilia. Il primo documento a nostra disposizione nel quale si parli dell'imminente trasferimento è del 12 luglio 1943 (vedi ESC22).

 

Qualche giorno dopo, e precisamente il 26 luglio, gli internati vengono trasferiti ad Alghero, da dove partiranno in nave. La loro destinazione finale è il campo di concentramento di Renicci, in provincia di Arezzo (ESC12 e ESC11).

 

Pochi giorni prima di questo trasferimento, per ragioni ancora ignote, muore a Fertilia uno degli internati, Simeone Felic (o in altri documenti Zelic). Lo sappiamo da un telegramma del 22 luglio in cui il prefetto di Sassari dispone affinché il comune di Alghero provveda a proprie spese al funerale (ESC10).

 

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1 Presso l'archivio dell'ex Ospedale psichiatrico Rizzeddu di Sassari è conservata la cartella clinica di Plesmick (Pleslić) Giuseppe. Dai documenti risulta che Pleslic viene ricoverato il 24 marzo del 1943 e muore per un improvviso arresto cardiaco il successivo 16 giugno (DPO04, DPO01, DPO03 e DOP07). 


 
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