Alatri - Campo di concentramento Le Fraschette

Alatri (Frosinone) - Italia
Tipo di campo
Campo di concentramento 01/10/1942

 

Storia

[scheda a cura di Andrea Giuseppini]

 

NOTA: QUESTA SCHEDA E' IN FASE DI COMPILAZIONE 

 

GLI INTERNATI

 

I "congiunti di ribelli" della provincia del Carnaro

 

A partire dall'estate del 1942, in numerosissimi piccoli comuni del centro e nord Italia vengono internate, ad opera di una struttura del Ministero dell'Interno, circa duemila persone, tutte provenienti dalla cosiddetta provincia del Carnaro (cioè Fiume-Rijeka) (vedi P111).

 

Nella maggior parte dei casi si tratta di famiglie composte da anziani, donne e bambini avviati all'internamento in quanto “congiunti di ribelli”. 

 

In realtà, se guardiamo ai luoghi di provenienza di questi cosiddetti “congiunti di ribelli”, ritroviamo molti dei nomi dei villaggi distrutti dall’esercito italiano come forma di rappresaglia indiscriminata nei confronti della popolazione civile accusata di dare aiuto e sostegno al movimento partigiano.

 

Gli internati provengono, ad esempio, da Bittigne di Sopra (Gornje Bitnje vedi AC00390), o Radevozzo in Monte (Ratečevo Brdo, vedi AC00460), Rubessi (Rubeši, vedi AC00459), Postegna di Villa di Montenevoso (Podstenje, Ilirska Bistrica, vedi 00510),  Castua (Kastav, vedi AC00690), ma soprattutto da Jelenje e Podhum.

 

Solo da queste due ultime località, dopo la fucilazione di circa cento uomini e l'incendio delle case, vengono internate più di 1.000 persone (tra gli altri, vedi le località di nascita di molti degli internati in AC00613AC00001).

 

Quasi sempre, prima di essere assegnati all’internamento in un piccolo comune del nord o centro Italia, i civili rastrellati dalla provincia di Fiume vengono raccolti presso il campo provvisorio di Laurana (Lovran) (vedi ad esempio AC00490AC00553).

 

In un documento della prefettura di Parma si fa cenno comunque a un altro campo di transito, molto poco conosciuto, quello di Mattuglie (Matulji, vedi AC00635).

 

“Tutti quanti indistintamente sono giunti dalla Provincia del Carnaro sforniti sia di mezzi che di indumenti: qualcuno è privo di scarpe, qualche altro non ha neanche la camicia o la maglia: gli abiti che indossano sono vecchi e laceri. Il sussidio loro corrisposto è appena sufficiente perché non muoiano di fame: assolutamente insufficiente è quello delle lire 50 mensili per indennità di alloggio” (vedi AC00301).

 

In questo paese non vi sono stanze mobiliate e si sono dovuti requisire due locali a pianterreno dove i sei internati sono stati sistemati provvisoriamente con paglia e brande di fortuna. Però mancano di ogni mobilio e, ciò che è più necessario, degli utensili di cucina più indispensabili per la preparazione degli alimenti" (vedi AC00364).

 

Poiché durante le operazioni di polizia militare, quasi tutti i fermati hanno perduto ogni loro avere e quelli non rimasti distrutti sono stati confiscati, il Franciskovic è da ritenersi indigente” (vedi AC00473).

 

Questa è la situazione in cui si vengono a trovare, da un lato gli internati deportati dai loro villaggi distrutti, e, dall'altro, i prefetti e i podestà dei piccoli comuni che devono in qualche modo provvedere alla loro sistemazione eassistenza.

 

Moltissime quindi sono le richieste di autorizzazione a effettuare spese per l'acquisto di letti, materassi, vestiti, stoviglie, ecc., indirizzate dai prefetti all'Ispettorato per i Servizi di Guerra del Ministero dell’Interno (vedi tra gli altri AC00159 e AC00395).

 

Tuttavia, di rado il Ministero dell'Interno autorizza altre spese in aggiunta al sussidi assegnati a ciascun nucleo familiare (50 lire al mese per l’alloggio, più otto lire al capofamiglia, quattro alla moglie e ai figli maggiorenni, tre a ciascun figlio minorenne, vedi P109).

 

Piuttosto che affrontare le spese ad esempio necessarie a sistemare il tetto di un locale, come chiesto, tra altri, dal prefetto di Grosseto per gli internati nel comune di Seggiano (vedi AC00517), il Ministero dell’Interno adotta un'altra strategia: ordina di inviare gli internati cui non è stato possibile trovare un alloggio adeguato presso i “ricoveri di mendicità”. A chi amministra queste strutture andrà versata una quota minima per il vitto e l’alloggio (vedi AC00518).

 

Così, ad esempio, i “congiunti di ribelli” internati nel comune di Ponte in Valtellina sono inviati in tre diversi istituti della provincia di Sondrio; quelli di Castelnuovo Monti trasferiti alla Casa di Riposo San Maurizio di Reggio Emilia; le tre famiglie internate a Toscolano Maderno nelle case di riposo di Pezzaze, Cigole e Botticino; e così via.

 

Tuttavia, non sempre questa soluzione è praticabile.

 

Per la sistemazione dei 14 internati (si tratta di due nuclei familiari provenienti dal villaggio di Monte Nevoso, vale a dire Ilirska Bistrica) nel piccolo comune di Agliè, il prefetto invia un preventivo di spesa - per catinelle, lenzuola, letti, piatti, eccetera -, di ben 41.599 lire (vedi AC00018). Giuseppe Stracca, il prefetto al comando dell'Ispettorato per i Servizi di Guerra del Ministero dell'Interno, non autorizza la spesa e ordina di inviare gli internati presso un ricovero per poveri (vedi AC00019).

 

Circa un mese dopo, da un telegramma inviato dal sottosegretario Guido Buffarini Guidi, veniamo a sapere che: “Poiché non è stato possibile sistemare diversamente in codesta Provincia i 14 sloveni dimoranti ad Agliè senza sostenere rilevante spesa pregasi disporre che essi siano avviati a Frosinone per essere collocati al Campo concentramento Fraschette” (vedi AC0021).

 

E' il 23 novembre 1942, e questo è solo il primo di una lunga serie di telegrammi e ordini in conseguenza dei quali - secondo la documentazione rintracciata - oltre 1.000 persone definite “congiunti di ribelli” e provenienti dalla provincia di Fiume, già internate dall'estate del 1942 in decine e decine di comuni italiani, vengono trasferite al nuovo campo di concentramento Le Fraschette di Alatri.

 

Proviamo a ricostruire la cronologia dei trasferimenti. Dopo quelli di Agliè, è la volta di 43 internati distribuiti in due comuni della provincia di Asti, Moncalvo e Portacomaro. Partono per Frosinone accompagnati dai carabinieri con il treno delle ore 21 e 08 del 28 dicembre 1942 (vedi AC00299).

 

Qualche giorno prima, sempre il sottosegretario al Ministero dell'Interno Guido Buffarini Guidi ha inviato un telegramma indirizzato alle prefetture di Aosta e del Piemonte in cui si ordina di inviare al campo di concentramento Le Fraschette tutti “i congiunti di ribelli affluiti in questa provincia […] escludendo quelli che abbiano trovato stabile occupazione” (vedi AC00002).

 

A questo telegramma ne seguono altri: il 20 gennaio 1943 indirizzato a tutte le prefetture della Liguria e della Lombardia (vedi AC00249); il 22 gennaio a quella di Parma (vedi AC00634); il 27 gennaio con destinazione i prefetti di Siena, Perugia, Grosseto, Terni, Viterbo, Pistoia, Lucca, Modena e Bologna (vedi AC00151); il 6 febbraio alla volta di Padova (vedi AC00611).

 

Tra  l'inizio di gennaio e la fine di marzo 1943, al campo delle Fraschette si susseguono dunque gli arrivi: il 18 dalla provincia di Alessandria (Sezzadio, San Salvatore Monferrato, Bassignana e Lu Monferrato); il 27 dello stesso mese dalla provincia di Cuneo (vedi AC00426 anche dal comune di Sanfrè); tra il 15 gennaio e la fine di marzo, in diverse giorni e da ben undici comuni (Verbania, Borgo Ticino, Invorio, Divignano, Armeno, Borgolavezzaro, Orta San Giulio, Carpignano Sesia, Fara Novarese, Romagnano Sesia e Grinasco) arrivano dalla provincia di Novara. Dalla quella di Vercelli partono invece 220 internati in un  unico scaglione il giorno 8 marzo 1943 (vedi AC00254).

 

Dalla Lombardia, per primi - il 26 gennaio - vengono trasferiti alle Fraschette gli internati presenti nella provincia di Sondrio (vedi AC00139); durante il mese di febbraio arrivano da Pisogne, Bagolio, dal ricovero per anziani di Botticino e Pezzaze da Iseo e Marone, tutti comuni in provincia di Brescia; contemporaneamente ai 79 internati della provincia di Cremona (probabilmente quelli ospitati presso l'Ospedale Germani di Cingia de' Botti); qualche giorno prima, il 29 gennaio, è la volta dei 63 “congiunti di ribelli” provenienti dalla provincia di Bergamo (vedi AC00325); infine, a febbraio, vengono trasferite le persone internate nelle provincie di Mantova e Como.

 

Dalla provincia di Genova è documentato un solo trasferimento, quello del 13 febbraio 1943 di sei internati (una donna con i suoi cinque figli tutti minorenni) provenienti dal comune di Torriglia.

 

Tra gennaio e marzo del 1943 arrivano al campo di concentramento Le Fraschette anche i "congiunti dei ribelli" internati nelle provincie dell’Emilia Romagna, della Toscana e dell’Umbria: 14 persone da Novi di Modena; 27 da Neviano degli Arduini, 12 da Pellegrino Parmense e 13 da Varsi (questi ultimi tre comuni tutti in provincia di Parma); 22 dal comune di Argenta in provincia di Ferrara; 27 da diverse località della provincia di Siena; dall’Umbria provengono i 22 internati alloggiati presso l'Ospedale degli Incurabili di Perugia, i 4 ospitati a Montefalco e i 6 di Montegabbione.

 

Per il Veneto abbiamo rintracciato ordini del Ministero dell’Interno rivolti solo alla prefettura di Padova e a pochi altri casi specifici. Così, dai comuni padovani di Galliera Veneta, Gazzo Padovano, Grantorto, Galzignano, VescovanaPiombino Dese, Tombolo, Mestrino e Sant'Urbano partono suddivisi in tre diversi scaglioni alla volta di Frosinone 60 internati civili molti dei quali nativi di Podhum. Dalla provincia di Belluno, e precisamente dalla casa di ricovero di Lamon e da quella di Cavarzano, vengono trasferite altre 20 persone.

 

Tutti i trasferimenti al campo di concentramento delle Fraschette avvengono - come abbiamo detto - tra la fine del 1942 e il mese di marzo del 1943. C’è però un’eccezione, quella dei "congiunti di ribelli" internati nel comune di Penne, in provincia di Pescara, avviati ad Alatri il 10 luglio del 1943.  Si tratta di ventidue persone (5 famiglie) provenienti probabilmente dalla cittadina di Kastav. A Penne sono sistemati nei locali delle ex concerie Cantagallo, anche se l'edificio avrebbe bisogno di urgenti lavori. In un primo tempo sembra che il Ministero dell’Interno approvi la spesa. Ma qualcosa evidentemente va storto. E così un anno dopo il loro arrivo, anche i civili internati a Penne vengono trasferiti nel Lazio.

 

In conclusione, ad Alatri sarebbero stati internati nel complesso almeno mille "congiunti di ribelli" della cosiddetta provincia del Carnaro.

 

A questi devono però essere aggiunti i 405 internati provenienti direttamente dal campo provvisorio di Lovran (Laurana).   

 

Infatti, nel novembre del 1942, il prefetto di Fiume Temistocle Testa vuole chiudere tale campo, e ordina pertanto di inviare i 350 internati ancora presenti direttamente alle Fraschette di Alatri. Il primo dicembre 1942 partono 231 internati (vedi AC00465 e AC00466). I rimanenti, insieme a nuovi rastrellati, partono in due scaglioni: 77 persone il 18 febbraio 1943, altre 97 tre giorni dopo (vedi AC00507 e AC00456). Per un totale quindi di 405 persone.

 

 


note



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